Olio d’oliva, arriva il test anti-contraffazione per l’extravergine

154516894-6e1d31b3-0843-4f3f-a259-07795c1d5d1cROMA – Un nuovo metodo antifrode per testare l’olio extravergine di oliva in modo più economico e veloce rispetto alle pratiche esistenti tanto che, in prospettiva, potrebbe essere usato direttamente nei punti vendita. A idearlo è stato un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa coordinato da Valentina Domenici e composto da Donatella Ancora, Mario Cifelli, Carlo Alberto Veracini, Maurizio Zandomeneghi e Andrea Serani dell’oleificio Salov di Massarosa in provincia di Lucca.

Il metodo che quantifica i pigmenti. Lo studio che ha portato alla messa a punto della nuova metodologia è durato circa quattro anni, durante i quali sono state fatte ricerche sia sull’invecchiamento sia sui trattamenti termici a cui può essere sottoposto l’olio di oliva. I risultati sono stati appena pubblicati sulJournal of Agricoltural and Food Chemistry. “Il nostro metodo – ci spiega Valentina Domenici – permette di quantificare la concentrazione dei quattro pigmenti principali dell’olio: luteina, feofitina-a e feofitina-b (entrambi derivati della clorofilla) e beta carotene. Ecco come funziona: si prende una piccola quantità d’olio direttamente dalla bottiglia e la si mette in un recipiente di quarzo. In appena un minuto e mezzo viene registrato uno spettro di assorbimento della regione UV-visibile che assume una forma caratteristica e fa subito capire se l’olio è stato contraffatto o meno. Lo spettro è contraddistinto infatti dai 4 pigmenti che abbiamo elencato prima. Questa tecnica prima veniva usata solo in modo qualitativo, ossia per capire se i pigmenti erano presenti. Con pochi e semplici passaggi, noi siamo riusciti ad elaborare la quantità dei pigmenti. Perché è la quantità che determina la forma dello spettro e fa comprendere di conseguenza la qualità dell’olio. La nostra è una tecnica molto valida proprio per smascherare gli oli miscelati”.

I pigmenti infatti, pur rappresentando solo il 2% del totale dei composti presenti nell’olio, sono fondamentali per testarne le qualità organolettiche e rivelare le principali frodi e manipolazioni a cui può esser stato sottoposto. I casi più comuni di contraffazione sono il miscelamento con olio di semi di girasole, la cattiva conservazione in condizioni non ottimali di luce, calore e odori, e il riscaldamento, che di solito viene usato per eliminare quelle sostanze volatili che determinano un odore e un sapore sgradevole dell’olio stesso. “In tutti questi casi – aggiunge Domenici – la curva dello spettro che si ottiene cambia sostanzialmente e diventa una spia che svela la frode. Bastano pochi minuti e si ha già il responso, mentre utilizzando le metodologie più costose, le uniche ancora contemplate dai regolamenti dell’Unione europea, ci vogliono in media uno o due giorni di lavoro in laboratori specializzati”.

“Proseguiamo lo studio in collaborazione con Salov per migliorare la tecnica – conclude la ricercatrice – ed è probabile che poi ne esca fuori un brevetto”.

Un sistema dunque più rapido, ma altrettanto efficace, rispetto ad esempio a quello elaborato dall’Università della Calabria, che si basa sulla metodologia della risonanza magnetica e che rappresentò, a febbraio scorso, la prima forte risposta al clamore e all’indignazione suscitato negli Usa dal servizio a fumetti del New York Times  sulle truffe dell’extravergine in Italia e intitolato “Il suicidio dell’olio italiano”.

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2014, anno nero per le olive. Intanto la Coldiretti scatta una fotografia drammatica sulla campagna olivicola in via di conclusione nel nostro Paese, fortemente penalizzata dall’anomalo andamento climatico e dall’attacco di fitopatie che, mai come quest’anno, hanno compromesso i raccolti. L’associazione degli agricoltori ha calcolato infatti per il 2014 un calo della produzione nazionale del 30%, pari a 300mila tonnellate. A risentirne maggiormente sarà il Centro-Nord, con cali del raccolto tra il 35 e il 50 per cento. Anche al Sud la situazione è difficile sia in Calabria che in Puglia, che è la principale regione di produzione. Il Salento avrà il calo più sensibile ma significative riduzioni si rilevano anche in alcune aree della zona di Monopoli e del Gargano, colpite da eventi meteo eccezionali, e nel Nord del barese.

Non va meglio, secondo Coldiretti, la situazione anche negli altri paesi europei produttori di olio di oliva, come la Spagna, che mantiene la leadership mondiale con circa un milione di tonnellate, ma che vedrà dimezzata la produzione. “Con questo scenario – spiega l’associazione dei coltivatori diretti – il mercato europeo dell’olio di oliva, con consumi stimati attorno a 1,85 milioni di tonnellate, rischia di essere invaso dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza. Un rischio che riguarda soprattutto l’Italia, che è il principale importatore mondiale di olio per un quantitativo pari a 460mila tonnellate”.

Neve carbonica per estrarre l’olio. Proprio allo scopo di aumentare la resa delle olive, un altro gruppo di ricercatori sempre dell’Università di Pisa, ma questa volta del Dipartimento di Scienze Agrarie, ha messo a punto un innovativo brevetto che consente di estrarre l’extravergine di oliva con la “neve carbonica”, ossia con l’anidride carbonica allo stato solido. “I vantaggi – spiega il team di ricercatori coordinati da Gianpaolo Andrich – sono molti: una maggiore resa (In media il 9% in più, ossia 17,4 Kg di prodotto invece di 16 per quintale di olive), una migliore qualità nutrizionale dell’olio (che ad esempio contiene in medi ail 6% in più di vitamina E) e una più alta resistenza ai processi ossidativi, tanto che l’olio così ottenuto può essere conservato più a lungo di quello ricavato utilizzando le tecnologie convenzionali”.

Ma come funziona il sistema? “In pratica si addiziona l’anidride carbonica allo stato solido alle olive prima della frangitura – spiega Andrich – . La neve carbonica provoca il congelamento dell’acqua presente all’interno dei frutti e la formazione di cristalli di ghiaccio, che a loro volta determinano il collasso della struttura cellulare della polpa, facilitando la fuoriuscita delle sostanze e il loro trasferimento nell’olio, che si arricchisce così in metaboliti cellulari ad elevato valore biologico”.

Ma c’è anche un altro vantaggio, non meno importante: “L’aumento della resa – conclude Andrich -rende infatti economicamente sostenibile una raccolta precoce delle olive, che essendo meno mature saranno più ricche in acqua e in componenti bioattivi limitando i danni derivanti dagli attacchi della mosca dell’olivo, che condizionano sensibilmente sia la resa che la qualità dell’olio prodotto”.